Una metodologia rivoluzionaria per le scuole che vogliono diventare comunità educanti.
Se ti chiedessi, caro lettore: “Raccontami tuo figlio narrando solo le cose belle…”
Oppure, se non hai figli: “Raccontati come figlio, che cosa ti ha permesso di diventare quello che sei…”
Pensaci un attimo, ma non troppo. Inizia a narrare…
È questo che accade in un gruppo di METODOLOGIA PEDAGOGIA DEI GENITORI (PdG).
Il primo genitore coraggioso che inizia a parlare è sempre un po’ titubante; non è facile rompere il ghiaccio sapendo che nel gruppo non ci sono solo altri papà e mamme, ma anche alcuni insegnanti, sebbene anch’essi si narrino allo stesso modo… Nessuno può interrompere, né fare domande. Si ascolta. Punto! E bastano poche frasi perché tutti sentano un’emozionante empatia e un inaspettato affetto per la persona che narra. La sua storia, così diversa o forse così uguale alla mia, diventa parola che mi aiuta a comprendere e a comprendermi ed è una riflessione per tutti. Accade così ogni volta in ogni gruppo di PdG.
Gli “inventori” di questo metodo, che io chiamo affettuosamente “ La scoperta dell’acqua calda”, sono due cari amici, Augusta e Riziero, professori d’Università, compagni di lavoro, di impegno e di vita. Qualcuno ha definito il loro metodo “UNA PEDAGOGIA PER TEMPI DI CRISI”.
Si tratta sostanzialmente di un modo di incontrarsi, bello e semplice, ma non affatto banale. Al contrario, decisamente rivoluzionario, per la sua assoluta “normalità”. Oggi di “normalmente semplice” esiste davvero poco e quel supporto ordinario che le famiglie di 100 anni fa potevano trovare nell’aia di una cascina, oggi ha un sapore dimenticato. Nel contesto completamente globalizzato e frammentato di oggi, nel quale si creano comunità di pseudo-sostegno su whatzapp che spesso si trasformano in bombe di pettegolezzo esplosivo, la Pedagogia dei Genitori ripropone in modo semplicissimo quel cerchio che si faceva nella stalla di una volta, che esse sosteneva le capacità genitoriali delle neo mamme e papà., con qualche indispensabile regolina in più e un supporto pedagogico interessantissimo.
Genitori e insegnanti si ritrovano insieme, senza figli per una sera, due dolcetti e una tisana al centro del cerchio, a raccontarsi qualcosa che sta loro profondamente a cuore. Si raccontano timori e regole, gioiose scoperte o difficoltà, senza paura di essere giudicati, derisi, consigliati o fraintesi perché nessuno riprende o ribatte il tuo racconto. Semplicemente lo ascolta, profondamente. Che incredibile miracolo crea l’ascolto! Permette di rileggere i propri passi, di metterli in ordine, di scoprirsi coraggiosi quando da soli si credeva di aver paura. La narrazione, potente strumento individuale, nel gruppo-classe diventa crescita collettiva: via le cattedre che separano i prof da una parte e dall’altra i genitori. Nei gruppi di PdG si è tutti uguali, semplicemente figli, semplicemente genitori di creature in cammino di cui narriamo passi e scoperte. È così a poco a poco nasce una vera Comunità Educante!
Come ci ricordano gli stessi autori, a partire dal 1750 alcuni importanti pedagogisti avevano già sottolineato l’importanza di ascoltare il punto di vista del genitore come soggetto produttore di sapere, come fonte di conoscenza e come esperto particolare del proprio figlio. Pestalozzi, Decroly, Maria Montessori e poi Ferrière, dal 1750 al 1960 avevano compreso l’indispensabile intreccio che deve esistere tra il “sapere” dei genitori e quello dei professionisti che hanno studiato i fondamenti pedagogici per accompagnare un ragazzo nel suo cammino di apprendimento.
Come siamo lontani oggi da questa sinergia! Genitori da una parte che vivono in profonda solitudine la propria dimensione educativa, sbagliando tanto, senza rendersene neppure conto. E insegnanti dall’altra che, lamentandosi di tanta inettitudine, alzano le cattedre per non voler averci più nulla a che fare.
Ecco la grandezza rivoluzionaria della proposta PdG che cambia completamente il paradigma e fa incontrare gli uni con gli altri su tutto un altro piano: un piano paritario, dove ci si racconta con quel pathos che solo le storie vere riescono a trasmettere e dove ci si scopre simili nei sogni, nei desideri, nelle emozioni e nelle difficoltà. Quel racconto interiore di ogni partecipante che diventa dialogo con gli altri, permette di trasformare l’emozione in un sapere riflessivo che si arricchisce di altri saperi. È così che la famiglia piano piano prende coscienza del proprio sapere e gli insegnanti si arricchiscono e imparano da questo capitale sociale. Nasce così, insieme, una nuovaconsapevolezza: la genitorialità collettiva, fondamento educativo per costruire una Scuola in cui i figli di tutti possano crescere davvero in serenità, cooperazione e conoscenza.
Per approfondire:
“La metodologia Pedagogia dei Genitori. Valorizzare il sapere dell’esperienza” di Augusta Moletto e Risiero Zucchi – Maggiori Editore