L’esempio della Scuola di Barbiana per educare alla responsabilità.
Quando un insegnante è in difficoltà, che cosa fa?
La maggior parte si arrovella in solitudine cercando una soluzione oppure…
dà voce alle “lamentazioni” che hanno in sé un difetto congenito: più ne dici, più ti trovi attorniato da esse e avvolto dalla depressione, con nessuna possibilità di miglioramento.
Ma c’è un altro modo.
Il metodo del Maestro di Barbiana.
Chi ha avuto la fortuna di ascoltare le parole di un suo ex allievo sa che Lorenzo Milani di fronte alle difficoltà, non si lamentava, ma chiedeva aiuto… ai suoi allievi!
Eccovi uno degli esempi più belli che hanno permesso ai primi sei ragazzotti della sua scuolina di imparare la responsabilità.
Nell’anno 1962 unificarono le medie e alzarono l’obbligo scolastico ai 14 anni.
Mentre a Barbiana si continuava a proporre un apprendimento vivo e coinvolgente, nelle scuole pubbliche dei dintorni si fece una vera e propria strage: il 54% dei ragazzi della prima media fu bocciato. A Barbiana arrivarono così 40 ripetenti tirati per le orecchie dei propri genitori nella speranza che don Milani li potesse trasformare da somari a studenti modello.
Fino a quel momento la scuola della canonica raccoglieva i figli dei contadini delle cascine sparse nel Mugello, quei ragazzetti poco alfabetizzati che alla scuola pubblica non ci andavano di certo e se ci andavano, venivano messi ai margini.
Che fare con 40 ragazzi in più?
Il priore radunò i suoi primi allievi, sei ragazzini di 13/14 anni circa che da soli quattro anni frequentavano la canonica, e disse loro:
“Da domani sarete professori. Sceglietevi la materia in cui vi sentite più afferrati e datevi da fare a insegnarla a questi nuovi compagni. Io da solo mica posso far tutto! Mi occuperò solo di lingua e lingue.”
E fu così che a Barbiana i bocciati della prima media di Vicchio iniziarono la loro nuova avventura scolastica con questi strani ragazzi-professori (oggi li chiameremmo peer educator) che presero l’incarico molto seriamente, come fanno d’altronde ancora oggi tutti gli alunni che devono aiutare un compagnetto. Ogni ragazzo-professore si cimentò in una materia e Michele scelse di fare l’insegnante di matematica.
Il primo giorno da professore, data la sua nomina in cattedra, pretese d’averne una vera e andò a prendere coi nuovi allievi il tavolo che stava nella cucina di Barbiana. Era di marmo pesantissimo. Neanche passava per la porta. Un ragazzino chiese: “Chissà quanto pesa?!!” E iniziarono tutti a far congetture.
A Michele venne da rispondere: “Se mi seguirete per quattro mesi e farete gli esercizi che vi dico, peseremo questo tavolo con carta e penna, senza la bilancia! ” “Ma figurati! E come si fa?”
A Barbiana si poteva dire così, perché da questa domanda nasceva tutto l’insegnamento. Era il “motivo occasionale”!
La sfida prese nell’animo quel gruppo di ragazzini che iniziò a seguire le lezioni senza perdersi una parola per arrivare all’obiettivo: pesare senza bilancia!
Dopo quattro mesi di calcoli, radici quadrate, potenze, geometrie, superfici e solidi, si arrivò ai volumi e ai pesi specifici …e venne il gran giorno in cui si provò a pesare il tavolo con carta e penna. A tutti i ragazzi il conto dava 54kg. Così si andò a verificare. Si costruì una pesa con una trave e si misero il tavolo da una parte e i pesi dall’altra.
Michele in cuor suo aveva molto timore: “Che Dio me la mandi buona! Che figura mi faccio se il calcolo non sarà esatto?”
La pesa segnò 54,4 kg. Quasi giusto, ma non perfetto!
Michele ebbe un attimo di scoramento ma… “Aspettate ragazzi – fece notare – va tolta la tara della trave!”
Pesarono anche quella: proprio 400 grammi da togliere!
Fu un successo! Tutti i ragazzi si diedero a misurare e pesare ogni cosa con carta e penna, a partire dai mobili di casa. I genitori, stupiti, non sapevano che dire. Pensavano che don Milani avesse fatto un miracolo: la passione per la matematica aveva catturato quei somarelli!”
A Barbiana accadeva sempre che si accendessero le passioni. Il priore sapeva che i ragazzi hanno bisogno di appassionarsi per d’essere spinti oltre. Per questo riteneva che i Maestri debbano parlare ai ragazzi di grandi ideali proprio negli anni della scuola dell’obbligo, perché in quegli anni essi hanno bisogno di infiammarsi, di trovare uno scopo.
Molti studiosi degli ultimi cinquant’anni hanno cercato di capire le strategie della pedagogia milaniana per poterla delineare, ma non ne vengono a capo. Infatti è impossibile da definire in una programmazione didattica rigida e uguale per tutti.
La vera caratteristica del Maestro Lorenzo è quella di stare di fronte ad ogni allievo nella sua unicità, comprendendo ciò di cui necessita per essere portato oltre le consuetudini e spinto ad apprendere (cioè ad esplorare, cercare, ragionare, collegare, avanzare, andare oltre).
Egli lancia l’allievo verso grandi valori e alti scopi, anche esagerando: ogni occasione era un motivo per spingere i suoi ragazzi ad aiutare gli altri e migliorare il mondo.
E sapete perché i marmocchi facevano km di cammino a piedi in mezzo ai boschi per andare a Barbiana dove c’era un maestro così esigente e severo?
La risposta dei suoi ex allievi è immediata:
“Certo che ci andavamo! A Barbiana si stava veramente bene! Si imparava tanto, tantissimo, ma in un clima molto bello, intenso, ma piacevole”.
Come attualizzare il suo metodo nelle nostre scuole?
“Non spaventatevi” – dice Michele – “Barbiana non si può copiare. E’ un esempio unico, una luce speciale che indica la strada ad una scuola che vuole provare ad essere significativa per i ragazzi”.